lunedì 4 novembre 2013

BEST NEW // Arcade Fire - Reflektor


Genere: Indie-Rock, Art-Rock
Etichetta: Merge
Pubblicazione: 28 ottobre 2013
Voto: 8


Accettato con lucidità e serena rassegnazione il fatto che Funeral con tutta probabilità non avrà mai un erede all'altezza, il chè varrebbe per gli Arcade Fire l'ingresso ufficiale nella storia dei miti della musica, possiamo sforzarci di sgrossare tutti gli elementi fuorvianti che hanno accompagnato il lancio di Reflektor e le innegabili gigantesche aspettative che l'evento ha trascinato con sè e provare a dare il giusto valore alla quarta opera della numerosa ed eclettica band canadese. A parte l'album d'esordio la critica non è mai stata particolarmente concorde sulla valutazione degli eredi incluso l'ultimo, The Suburbs, opera di livello ma non certo un capolavoro e vincitore del Grammy come Best Album 2011 con la medesima logica che ha portato quest'anno James Blake a trionfare ai Mercury Prize con un sophomore molto positivo ma comunque inferiore all'album d'esordio. L'avvento di Random Access Memories dei Daft Punk ci aveva preparato ed il bombardamento mediatico avrà anche attirato l'attenzione dei simpatizzanti e dei traviabili, nonchè dato una certa spintarella alle vendite (da ieri Reflektor è numero 1 nelle vendite in UK) ma a coloro che negli AF degli esordi scorgevano l'essenza dell'animo indie ha infastidito non poco, dando in parte ragione a quel Vincent Moon che li vede mainstream nell'animo (anche se da lì ad essere "delle brutte persone" ce ne passa...). Come avrete capito dalla breve scheda iniziale, l'album ha riscosso il nostro consenso ed è questo il motivo per cui ci allunghiamo un po' sulle piccole imperfezioni tra cui ora aggiungiamo un concept un po' forzato basato sulle figure mitologiche di Orfeo ed Euridice, che campeggiano, così come le vedeva Rodin, nell'art-cover dell'album ed il cui riferimento nel video Black Orpheus (pellicola diretta da Albert Camus nel 1959) è lampante. Il tema viaggia sempre a cavallo tra vita e morte, amore ed illusione ma in maniera un po' più superficiale e ricreata in studio rispetto al dolore lacerante e tangibile che pervadeva Funeral (in cui abbondavano i lutti reali ad ispirazione dell'album confermando la teoria che dal dolore nascono le cose migliori...). Detto questo partiamo con l'analisi di Reflektor, album doppio (solo nella forma) dal carattere enciclopedico (anche se i detrattori lo definiranno collage) che allarga ancor di più gli orizzonti della band tra incursioni tribali Chassagne-oriented (lei che è di discendenza haitiana) e ritmi synth chiaramente frutto della discreta (inteso come non invadente) guida di James Murphy in regia ingigantita oltremodo dai canali di informazione. Ma se questo aspetto vagamente dance sembra offrire nuova linfa alla produzione mai stantia di Butler e soci la matrice caraibica talvolta sfora nello stucchevole come in Flashbulb Eyes ed in parte in Here Comes The Night Time I ed in Awful Sound. Insomma, per il futuro più Murphy e meno Chassagne che almeno a livello canoro ha perso le luci della ribalta concedendo la sua voce solo per qualche coro o fraseggio. Ed uno di questi appare nella meravigliosa title-track, Reflektor appunto, epica e trionfale riproduzione di emozioni su livelli crescenti cui la voce di David Bowie non è che la classica ciliegina sulla torta. A seguire i riferimenti storici non mancano dai Talking Heads, a The Cure fino ad i sovra/pluricitati U2 in cui James Murphy interpreta chiaramente il ruolo che fu di Brian Eno. La maestria degli AF sta proprio nel rielaborare il passato e di riuscire nonostante ciò ad aggiungere sempre un tassello nel reparto "musica del futuro". Normal Person ed ancor più Joan of Arc sono appunto due brillanti esempi di come il rock vecchia maniera possa essere riattualizzato e riadattato al contesto contemporaneo. It's Never Over (Oh Orpheus) è una delle perle che meglio definiscono il progetto Reflektor in cui le reminiscenze Funeral vengono trapassate da beat sintetici pur lasciando viva per tutto il brano un'atmosfera melanconicamente neoclassica fatta di linee pure ed essenziali. Con Porno Murphy firma in modo palese il suo contributo che è riconoscibile anche nell'altro capolavoro dell'opera Afterlife, in cui morte ed abbandono si fondono per apparirci, paradossalmente ed almeno per una volta, qualcosa da amare...










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