Genere: Post-Punk, New Wave
Etichetta: Felte Sounds
Pubblicazione: 11 novembre 2013
Voto: 7
Uno
degli obiettivi di Primavera Indiependente è naturalmente concentrarsi anche
su quanto avviene nel panorama indipendente italiano. Affrontate le
difficoltà cogenti oggi possiamo parlare con piacere della gradevole ed
oramai consacrata realtà rappresentata dai Soviet Soviet. Il solido
terzetto proveniente da una scena musicale pesarese molto attiva è nato
nel 2008 ed è composto da Alessandro Ferri alla batteria, Andrea
Giometti voce e basso, Alessandro Costantini voce e chitarra, i quali
hanno affibbiato questo nome alla band quasi per gioco, ammaliati dalla sua dilogia. Fate è il loro primo vero
album completo e ci arrivano dopo demo, ep e chilometri macinati col
furgone nell'europa dell'est, concerti in Italia, in Europa e nel Mondo;
spazi guadagnati su Pitchfork, The Fader, Stereogum, l’apertura delle
due date italiane dei P.i.L.
Nato
sotto l'etichetta Felte Sounds l'11 novembre, viene proposto dalla band
come un prodotto più maturo, con la voce e la parte testuale più
curate, meno grezzo, più impulsivo e ragionato. Dieci tracce oscure di
un post punk nostalgico molto omogenee che solo in due casi superano i
quattro minuti e che mettono le sequenze delle chitarre in
bell'evidenza.
Già nel brano d'apertura Ecstasy colpiscono al cuore e alla mente i ritmi sincopati dettati dall'attività frenetica della batteria, 1990
è il primo singolo che ha anticipato l'uscita dell'album la cui
vibrante presenza costante delle chitarre e bassi ingaggiano una gara di
equilibrismo in cui ne escono entrambi vincitori; il ritmo avvolgente
strappapplausi di Introspective Trip, la cupa Further dall'importante assolo di chitarra nel finale, la più che gradevole melodia della new wave Gone Fast accompagnata da bassi prepotenti, l'energica No Lesson che nel bel mezzo si prende una rara pausa per riesplodere nel finale, l'elettricità di Togheter che non lascia piacevolmente tregua, la decadente Hidden, la violenta arringa sempre orchestrata da una batteria inesauribile di Something You Can’t Forget che ci conduce alla resa dei conti finale con Around Here.
Pezzi,
tra l'altro, cantati tutti in inglese il che testimonia la loro
esigenza, ma anche quella dei loro omologhi, di farsi conoscere
all'estero considerato il cammino in cui sono posizionati troppi
ostacoli lungo i circuiti mainstream italiani.
by Sigu
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