Come se non bastasse tutto il lavoro che il Primavera Sound comporta in fase di studio, ripasso, programmazione, ecco che dopo un aprile relativamente abulico, almeno in considerazione delle attese, arriva un maggio straripante e strabordante di capolavori, conferme, sorprendenti esordi o anche solo opere di significativo valore ed in cui, di clamorose delusioni, almeno personalmente, non se ne sono registrate. Diventa arduo anche scegliere a quale album regalare la palma di miglior disco del mese dal momento che sia i Vampire Weekend con The Modern Vampire Of The City che i Daft Punk con Random Access Memories piazzano un lavoro che certamente non farà fatica a ritagliarsi uno spazio negli annali nonchè un posto nella nostra top 10 di fine anno. Anche per l'ultimo gradino del podio regna l'incertezza in quanto sia Monomania della prolifica band dei Deerhunter sia l'innovativo cambio di rotta attuato dagli Still Corners con il synth-pop di Strange Pleasures meriterebbe il comunque ambito riconoscimento, sebbene personale e decisamente poco mainstream... Nonostante altri non siano riusciti a guadagnare una recensione personalizzata, hanno in ogni caso catturato la nostra mai paga attenzione e questa rubrica parla proprio di loro partendo come abitudine dai pilastri consolidati. Con Trouble Will Find Me (voto 7,5) probabilmente i The National si discostano un po' dall'eccellenza di High Violet mantenendo comunque vivo lo status di band apprezzata e riconosciuta per peculiarità ed oscurità dei testi. Le perle non mancano dalla ritmata Don't Swallow The Cup, all'acustica e suggestiva Fireproof, alla cupa quanto aggressiva ed allo stesso tempo riflessiva Sea of Love. C'è una canzone per ogni stato d'animo pur mantenendo lo stesso marchio di fabbrica che al sesto album risulta, forse, un po' troppo uguale a se stesso. Vera pietra miliare Primal Scream torna ad illuminare la scena dopo le ultime uscite non proprio indimenticabili. Con More Light (7) il rock psichedelico che non disdegna la componente elettronica (ed i temi politici) di Gillespie e soci riconquista il ruolo che merita. Se avete ricordi confusi degli autori di Screamadelica vi bastano le prime quattro tracce per avere il quadro completo: con 2013, River Of Pain, Culturecide, Hit Void, ecco in sequenza il repertorio groove, psych, funk, alt-rock caratteristico della band scozzese. Non sarà un baluardo ma anche Alex Zhang Hungtai, canadese ma con passaporto Taiwan, noto sullo stage come Dirty Beaches, attivo dal 2005 può dire la sua. Con Drifters/Love is the Devil (7) Hungtai espande l'universo lo-fi e post-industrial del suo primo album e lo fa atterrare in territorio al limite del cinematografico nonchè quasi esclusivamente strumentale in cui il potenziale di scrittore si equilibra perfettamente con quello dell'artista creatore di suoni eterei. Ed ora, reso il giusto omaggio ai big ecco le sorprese più gustose del mese partendo da chi il podio lo ha annusato da vicino. Il ritorno di Baths merita certo la prima menzione innanzitutto perchè tornato in salute dopo un anno a combattere una mai paga infezione e poi perchè il sophomore Obsidian (7,5) dimostra che l'infermità non ha scalfito la sua creatività. Un synth-pop largamente elettronico, lineare ma creativ,o nonchè intimo nel contenuto che vive in Miasma Sky l'apoteosi. Poi la dolcezza ricamata di Ironwork ed il suo beat un po' trascinato tra James Blake e Burial che si ripeterà nell'altrettanto piacevole Incompatible o le cavalcate di Ossuary e soprattutto Phaedra. Altra meraviglia Earth Death quasi a chiudere un album che fa dell'eccessiva linearità il suo unico cruccio. Cambiamo genere ma con esito analogo: MCII (7,5) è la seconda opera di Mikal Cronin, cantautore americano che ci affascina con il suo rock, tra alternative e garage, ma sempre marcatamente a stelle e strisce ed una traccia d'apertura, Weight, vera perla. Seguono la brillante See It My Way, rivisitazione nirvaniana in formato ballata, e la carica esplosiva quasi punk di Change che non par vero provenire dalla stessa mano della dolcissima Don't Let Me Go. E ancora, altro genere ed altro prodotto di grande effetto per il miglior esordio del mese con il quartetto al femminile delle Savages ed un Silence Yourself (7,5) che ha sbaragliato la concorrenza e dimostrato di essere tanto coinvolgente su disco quanto dal vivo (nonostante il piccolo inconveniente chitarra sul palco del Primavera). La stella rimane senza dubbio She Will manifesto post-punk della band cui seguono le immancabili schitattare di Shut Up e Husbands. Scendendo di un gradino due giovani realtà che pur con ottimi album non sono riusciti a mantenere le enormi aspettative che si erano create. Innanzitutto il duo inglese dei Mount Kimbie autori certo di un apprezabile sophomore con Cold Spring Fault Less Youth (7) ma da cui non so per quale motivo eravamo certi di poterci aspettare "il capolavoro". Home Recording seguendo il filone post dubstep (James Blake, Jamie XX) ci illumina tanto quanto ci spegne la collaborazione con King Krule sia con You Took Your Time sia con Meter, Pale, Tone. In mezzo tanto arrosto con Break Well vera chicca, così come il singolo Made To Stray ed un po' di fumo a smorzare gli entusiasmi (Blood And Form e So Many Times, So Many Ways). Stessa lunghezza d'onda con Majical Cloudz ed il suo Impersonator (7). L'esordio per il conterraneo e amico di Grimes sulla lunga distanza non porta all'atteso crack come avevano fatto immaginare gli ottimi singoli estratti Childhood's End (meravigliosa) e Bug Don't Buzz. Nel pop sintetico di Devon Welsh non manca certo classe e la voce vibra nell'aria per secondi, profonda e potente, ma nel complesso l'album appare più un serie di brani (notevoli in verità) piuttosto che un'opera. In ogni caso, fossero tutti così gli esordi... Meno attesa ed in fondo aspettative rispettate per Jenny Hval, a proposito di voci splendide e penetranti. Innocente Is Kinky (7) è il mezzo tramite cui l'artista, compositrice e scrittrice norvegese mette a nudo se stessa, veicolo introspettivo e sperimentale da cui estrarre piccole gioie per le orecchie (Mephisto In The Water su tutte, I Got No Strings, Is There Anything On Me That Doesn't Speak?) a momenti di autoanalisi nuda e cruda. Venendo ai dischi che nel complesso hanno trovato minor riscontro seppur in grado di soddisfare sufficientemente le orecchie della nostra redazione (6,5 per le ultime opere di Classixx, She&Him e Little Boots) ecco l'ultimo delle sorelle Casady, note ai più come CocoRosie. Tales Of A Glass Widow risulta una raccolta di generi ed esperienze per il duo americano ma di stanza a Parigi in cui la quantità (a livello commerciale) la vince sulla qualità del prodotto nonostante indubbi motivetti accattivanti come il primo singolo After The Afterlife o Gravediggress. Menzione particolare di questo mese per l'ottimo live pubblicato dai Justice relativo all'ultimo tour mondiale (apprezzato al Primavera Sound 2012). Access All Arenas (7,5) dimostra una volta di più, se necessario, che non può essere sufficiente indossare un'enorme testa da topo e disporre in sequenza qualche traccia più o meno accattivante per ritenersi degli artisti della scena dance....
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