martedì 10 dicembre 2013

REVIEW // Novembre 2013


Giunto l'autunno anche le uscite discografiche si adeguano al freddo e alle prime intemperie con ritmi più blandi quasi impoltroniti. E se comunque non si possa parlare di letargo certamente finiti i pochi compiti, che diventano gaudio dinnanzi ad opere di livello (anche se ahimè la mediocrità è sempre dietro l'angolo), possiamo finalmente rispolverare i migliori prodotti di questo 2013 e gustarne quei particolari non ancora assimilati appieno. Detto questo torniano alla rubrica ed incominciamo a tessere le lodi per il nostro artista del mese: a primeggiare è il producer francese e collaboratore di Yeezy Gesaffelstein ampiamente trattato nella nostra recensione ed autore con Aleph (8) di un album battente ma dal tocco elegante e raffinato. In un mese caratterizzato da un profilo insolitamente modesto a risaltare troviamo tre opere con matrici ritmiche decisamente differenti. Se recentemente abbiamo potuto dire la nostra relativamente all'esordio del progetto Ejecta di Leanne Macomber (che ogni volta mi fa venire in mente Hemingway, chissà come mai...) e Joel Ford con Dominae (voto 7,5), di successo analogo ma con intensità contrapposte appaiono le nuove opere di Death Grips e Blood Orange. I primi, personaggi controversi e decisamente bizzarri non fanno nulla per essere amati ma almeno musicalmente il loro posticino se lo sono ritagliato con merito ed estrema personalità. Governament Plates (7,5) uscito a sorpresa quasi in polemica con, ammettiamolo, i noiosissimi giochetti che hanno anticipato i ritorni di Daft Punk, The Knife, Arcade Fire ecc, ecc..., porta avanti il discorso di No Love Deep Web spingendo l'Hip Hop oltre ogni confine dello sperimentale passando dall'inascoltabile all'entusiasmante una volta registrati i livelli ed entrati nel mood. Se è roba per voi lo capirete già dal primo brano dal titolo infinito (che incomincia con You might think...) ma il consiglio è di spingervi almeno fino alla perla Birds. Dall'altro emisfero troviamo l'eclettico e mai scontato r&b multisfaccettato, talvolta colorato di soul talvolta più popolare, di Cupid Deluxe (7,5) che conferma l'ottima resa dei singoli scritti per Solange e Sky Ferreira. Si passa dall'impeccabile formula classica di Chamakay o dal duetto dell'ottima You're Not Good Enough alla ritmica cupa e tribale di Uncle Ace, allo smooth-jazz di Chosen o all'hip-hop nudo e crudo di High Street senza quasi accorgerci dei differenti cambi di rotta che appaiono di volta in volta del tutto naturali. Soddisfacente il ritorno di M.I.A. da chi venerato e da chi bistrattato. Il probabile vero valore di Matangi (7) lo incontriamo nel mezzo (come sempre) con un lavoro che svolta rispetto al più commerciale Kala od il più oscuro Maya donandoci un lavoro allegro, fatto di ballo e sana rabbia senza complessi, ricco di gemme come le estroverse Y.A.L.A. e Matangi, la più posata Come Walk To Me e una aTENTion rielaborazione etnica del lavoro di Grimes...; per larghi tratti più che piacevole ma alla lunga davvero molto uguale a se stesso. Forse non all'altezza del predecessore Give You the Ghost il nuovo Smulamith (7) conferma comunque i Polica tra i talenti da tenere sottocchio anche per la capacità di rinnovarsi già al secondo album. Più elettronica ed un'inizio roboante con Chian My Name illudono oltre misura per un album in calando progressivo ma comunque impreziosito da numerosi orecchiabili spunti come Vegas e Very Cruel... Ma il cambiamento non è l'unica formula vincente, lo sa bene il canadese David Ptsuka aka Egyptrixx che sfrutta un mese abbastanza avido di novità dance per ritagliarsi un po' di meritata luce con il suo secondo album A/B Til Infinity (7), invero un po' oscuro ma perfetta evoluzione conservativa del sottovalutato esordio con Bible Eyes. Il primo singolo Water racchiude in se l'essenza dell'opera fatta di Dubstep, Uk Garage e IDM. 
Da ciò che resta era presumibile attendersi di più a partire dal ritorno dei Cut Copy che con Free Your Mind (6,5) sfornano un disco capace di partire in quarta con un paio di pezzi di livello come la title-track e We Are Explorers per poi perdersi nella mono/tono/cromia. Più omogeneo il ritorno dell'affascinante Anna Calvi con il suo One Breath (6,5) ed anche musicalmente variegato tra brani melodici (Suddenly, Sing To Me) ed aggressività latente (Eliza, Cry). In questo caso è la qualità a non cambiare marcia pur considerandolo un prodotto piacevole da non abbandonare al primo ascolto. Ma soprattutto come non attendersi di più dal ritorno di Mike Milosh dopo lo splendido esordio del side-project (ormai main di diritto) Rhye? Jetleg (6) ricorda tutti quei momenti di empasse e suspance che accompagnano Woman senza le mirabili suggestioni che ne hanno esaltato l'opera. E così le pur piacevoli armonie sospese e delicate dei singoli Slow Down e This Time rimangono isolate ed abbandonate all'inevitabile destino di un album asettico. Dedicare altro spazio ai fiaschi di Connan Mockasin o Sebastian Tellier sarebbe privarvi della possibilità di utilizzare il vostro prezioso tempo per rigustare una delle meraviglie che il fortunato 2013 ci ha regalato...












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