lunedì 9 dicembre 2013

REVIEW // Ejecta - Dominae


Genere: Synth-Pop
Etichetta: Driftless
Pubblicazione: 19 novembre 2013
Voto: 7,5


Nel loro felice incontro di qualche stagione fa' durante un tour estivo, Leanne Macomber e Joel Ford devono aver pensato che il genere synthpop non fosse così saturo da non lasciare spazio ad il felice connubio tra la voce sussurrata della cantante fino ad oggi meglio nota come un quinto delle fortune dei Neon Indian e le sonorità synth squisitamente retrò, diciamo primi anni '80, del producer americano parte del project a quattro mani Ford & Lopatin, oltre che di realtà un po' meno note quali Tigercity od Airbird. Ma il talento spesso non basta, quindi per un genere dalle mille soluzioni che spesso però finiscono per imbottigliarsi ed incanalarsi in una monotonia e monocromia stantia bisognava mettere completamente a nudo le proprie doti al fine di incastrarle lucidamente in prodotto che suonasse orecchiabile sì, ma allo stesso tempo fresco. Manifesto preso alla lettera dal momento che il corpo senza veli presente tanto nei singoli quanto nell'opera di debutto di cui qui disquisiamo è proprio quello della stessa Macomber, decisa più che mai ad entrare nella parte. Ed è quindi il totale abbandono ai propri freni stilistici (e non solo) allo scopo di creare una sincera e, di conseguenza, proficua fusione e sincronia, denominata Ejecta, il vero concept di Dominae sorto allo scopo di creare un vero filo conduttore tra la voce e i testi affogati nella nostalgia ed a tratti intrisi di melancolia di Leanne Macomber circondati, o meglio, accompagnati dalle oscure luci del tramonto che Ford getta sotto forma di synth affinati in barrique. Il risultato è riconducibile per resa alla nuova ondata "cromatica" in maniera più o meno analoga alla direzione intrapresa dagli Still Corners nella loro fortunata ultima fatica. E così la dance-oriented track che apre con Mistress il luminoso percorso notturno di Dominae appare l'esatta trasposizione del "viaggio" aperto da The Trip in Strange Pleasures. I ritmi si abbassano quasi subito e con It's Only Love Macomber va a sbirciare nel repertorio Neon Indian rubandone i beat e aggiungendone il suo contributo pop. Il resto del percorso pare accompagnato da nembi carichi di synth che solo in rari momenti si aprono lasciando trasparire luce piena. Afraid of the Dark ne è probabilmente il manifesto, a partire dal titolo, con la melodia malinconica che avvolge la prima metà del brano per poi esplodere, con contegno, in una brillante cavalcata emozionale. I raggi continuano ad illuminare il tragitto anche nella successiva e dorata Jeremiah (The Dernier). Con Silver si chiude più che degnamente il sipario elettro-pop lasciando spazio ai più mesti e cogitati movimenti del trittico conclusivo anche se Small Town Girl riuscirà a districarsi dalle cupe briglie per regalarci l'ultima sfuriata fordiana prima che i sussurri di Leanne abbassino definitivamente il sipario di un esordio che lancia un pizzico di pepe ad un fine anno come sempre un po' avido di emozioni.







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