lunedì 1 luglio 2013

REVIEW // Giugno 2013


Dopo i bagliori di un maggio discografico strabordante, con l'avvento dell'estate i ritmi tornano più sostenibili e ci permettono di far girare i nuovi lanci con meno ansia e goderci anche qualche opera forse un po' trascurata nei mesi passati. Tornando al mese in questione a rubare la scena e catalizzare l'attenzione certamente il ritorno Yeezy Kanye West che per il suo grandioso Yeezus (voto 8,5) non ha lesinato sperimenti nè collaborazioni eccellenti (Daft Punk e Justin Vernon tra gli altri). Distante, ma non troppo, è stata la scena elettronica ad invadere il podio o a sfiorarlo con quelle che saranno certamente tra le migliori produzioni dell'anno prima con le atmosfere fluttuanti dai beat quasi impercettibili dei Boards of Canada di Tomorrow's Harvest (8) e poi il monumentale The Inheritors (8) che a distanza di 7 anni conferma James Holden come uno tra i più eclettici ed innovativi (nonchè pigri) artisti del genere. E non finisce qui perchè, a parte il confortante ed a tratti commovente ritorno (all'antico) dei Sigur Ròs con Kveikur, di cui si è già parlato a lungo, sono ancora le sonorità da clubbing a farla da padrona soprattutto con la poderosa opera di Jon Hopkins capace di alternare le fantastiche cavalcate metalliche ed oscure dei primi quattro brani, tra cui eccelle Open Eye Signal, ad ambietazioni più meditate e meditative della seconda metà di Immunity (7,5) soprattutto con la eterea Abandon Window ma anche con le più vorticose Form By Firelight e Sun Harmonics. E se Jon Hopkins ci getta in un mondo fatto di battiti e sospiri quasi a volerci raccontare una storia, di tutt'altra pasta è il debutto dei fratelli Lawrence aka Disclosure. Un album fatto di hit da gettare in pasto a qualunque orecchia capiti a tiro con collaborazioni da far invidia a veterani del settore. Da Sam Smith con la perla Latch che pare non abbia intenzione di stancarci mai a White Noise dell'altro duo in erba AlunaGeorge. E poi ancora Jessie Ware in Confess To Me ed Eliza Doolittle di You & Me. Dunque singoli a palate in un Settle (7, quasi come in titolo) in cui non è possibile leggerci nè un filo conduttore nè una trama, il che fa tutta la differenza tra un capolavoro ed un ottimo lavoro main-streaming. Pessimo periodo quindi per tentar fortuna per i seppur apprezzabili lavori del nostro amato Gold Panda e dell'ambizioso Zomby. Il primo, all'anagrafe Derwin Schlecker, continua a fare della componente esotica il tema principale della sua produzione ma all'influenza orientale, leit-motiv del fortunato Lucky Shiner e presente nel meno meno ispirato Half Of Where You Live (6,5) in tracce come Junk City II e My Father in Hong Kong, si aggiungere quella più tribale evidente nel singolo Brazil. Il secondo, Zomby, tenta con With Love (6,5) il disco della carriera con un'opera imponente di 33 brani senza soluzione di continuità suddivisi in due dischi in cui la caratteristica più evidente è l'ordine alfabetico delle tracce. Post-dubstep, Drum&Bass ed altro ancora in un mordi e fuggi continuo con brani che solo di rado superano i 2 minuti lasciandoti ai bordi del disco e solo raramente dentro. Tutt'altro effetto nelle tracce più sviluppate, da Horrid a It's Time fino alla più carica Overdose. Piacevole sorpresa con il secondo album del sestetto Austra, certamente stimolato dal tour a fianco di Grimes e The XX. L'obbiettivo dichiarato di fondere l'amore per le grandi melodie alla musica da ballo risulta pienamente raggiunto come dimostrava già la prima anticipazione Home. Il synth-pop di Olympia (7) riesce inoltre ad essere innovativo utilizzando con profitto strumenti atipici per la musica elettronica come nella traccia iniziale What We Done? o la finale Hurt Me Now. La voce profonda alla Florence Welsh di Katie Stelmanis poi fa il resto... Ancora meglio con l'esordio di Jagwar Ma: Howling (7,5) è un opera dance-pop che attinge spunti da tutte le decadi passate. Ipnotico e coinvolgente fin con l'esordio tribale di What Love, l'album non perde colpi anzi ne guadagna con i singolo up tempo The Throw e Man I Need fino all'house psichedelica di Four. Il ritorno di Empire Of The Sound non ci regala nessuna sorpresa: deludente come da attese. Se Walking On A Dream nonostante due perle già non eccelleva per qualità generale il synth-pop di Ice On The Dune (5,5) può godere al massimo di qualche brano orecchiabile come il singolo Alive o Celebrate e tanto materiale che sa già di vecchio. Abbassando i ritmi ritorniamo ad avere le nostre soddisfazioni innanzitutto con l'innovativo ritorno dei These New Puritans che con Field Of Reeds (7) ci offrono un approccio più modernista in cui pop ma soprattutto jazz e musica classica si fondono senza rinuciare al personale approccio sperimentale. Un lavoro di grande impatto che vede certamente nel singolo Fragment 2 in suo diamante ma anche tracce di grande richiamo come l'avvolgente ed ipnotica The Light Is Your Name e l'emblematica V(Island Song), lungo brano che raccoglie l'essenza rinnovata della band quanto le influenze mai rinnegate (Radiohead in questo caso). Neanche la giovane e già prolifica Laura Marling (23 anni, 4 album) delude le attese con un Once I Was An Eagle (7) dai toni morbidi ma che entrano come una lama nella nostra anima in un crescendo emozionale. Tanto dolce in Take The Night Off e I Was An Eagle quanto incisiva e penetrante in Master Haunted o in Devil's Resting Place. Chiudiamo con il quinto album dei Camera Obscura, Desire Lines (6,5) dalla formula collaudata, vincente sì ma sufficientemente ripetitiva da relegare il gruppo scozzese nelle retrovie di questa personale classifica.



Disclosure ft AlunaGeorge - White Noise




Jon Hopkins - Open Eye Signal




These New Puritans - Fragment 2




Jagwar Ma - The Throw




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