martedì 2 luglio 2013

BEST NEW // James Holden - The Inheritors


Genere: Elettronica, Ambient, Sperimentale
Etichetta: Border Community
Pubblicazione: 26 giugno 2013
Voto: 8


Geniale quanto incostante. Scostante talvolta. Arrogante nella consapevolezza delle proprie doti. Narciso dietro i piatti ma acuto e paziente. James Holden non deve aver passato un solo istante di questi ultimi 7 anni lontano, almeno nella mente, ad il lavoro che lo avrebbe innalzato alla gloria e lo avrebbe descritto e raccontato come mai prima era riuscito a fare. Almeno nelle intenzioni. Nel 2006 già non proprio un dilettante lanciava attraverso la sua etichetta Border Community quello che era già diventato un atteso debutto, The Idiots Are Winning, il cui sapore si avvicinava di più a quello di un EP allargato che ad un esordio con tutti i crismi, ma sufficiente per consacrarlo nell'Olimpo dei producer. Da allora non c'è stato festival che non ne abbia richiesto le prestazioni nè pubblico che non ne abbia tessuto ampiamente le lodi. Intanto James Holden incominciava a maturare una consapevolezza più piena della direzione da intraprendere, che lo portava a rinnegare una parte di se stesso (seguendo un po' il percorso, non stilistico, di John Talabot), recidendo il cordone ombelicale che lo teneva attaccato e legato più all'aspetto clubbing. Non più musica da ballo o non solo musica da ballo ma lezioni di estetica in cui ogni esperienza e sperimentazione, ogni certezza ed ogni capriccio veniva trascritto e registrato quasi in tempo reale, come un diario da rendersi pubblico per rendersi nudo. Questo è molto altro ancora è The Inheritors, nome che trae origine dal più amato dei racconti dello stesso William Golding che lo scrisse nel 1955 per raccontare a suo modo l'estinzione delle ultime tribù neanderthaliane. L'opera del genio di Exeter ha un aspetto ugualmente e volutamente primitivo, oscuro e sporco, assumendo la conformazione attuale senza fretta ma anche senza sosta. Renata è il suo singolo naturale, perfetto punto d'incontro tra il passato rinnegato ed il ritorno alle origini dell'uomo a cui si avvicinano per idea di fondo Blackpool Late (la più old style) e Gone Feral. Tutto il resto è frutto di un sintetizzatore spremuto e domato affinchè facesse dei desideri del padrone il più tassativo degli ordini. Sorge con Rannock Down che sa di origine dei suoni, ancora inferma e zoppicante, il prog ammiccante di The Caterpillar's Intervention, i gorgoglii spaziali di The Illuminations, gli anfratti ambient di Inter-City 125, e quelli più esposti alla luce del sole di Delabole. E poi i suoni ritorti di Seven Stars o più rotondi ed accattivanti della title-track. Un campionario eccellente con tutte le sfumature del grigio accostate con tale sapienza da rendere il tutto, nonostante tutto, incredibilmente coerente ed avvolgente. Certo James Holden con quest'opera non si è ancora guadagnato la grazia eterna ma almeno per gli anni a venire il suo disco farà di certo frequente capolino nelle nostre orecchie, nella speranza di non dover aspettare altri 7 anni per un seguito atteso fin d'ora...







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