giovedì 5 settembre 2013

REVIEW // Agosto 2013


Chi si attendeva un agosto dedicato a riscoprire e riassaporare le numerose perle di quest'anno ha dovuto fare i conti con un mese insolitamente produttivo condito da ritorni eccellenti e dischi qualitativamente apprezzabili a cui risultava impossibile dedicare un solo ascolto. Nome non certo particolarmente noto al grande pubblico, Forest Swords ha sbaragliato la concorrenza con un'opera maestra nel genere ambient ed il giusto omaggio che abbiamo regalato ad Engravings (8,5) ve ne spiegherà con gaudio i motivi. Distanti ma non distantissimi gli esiti di due outsider quali Washed Out moniker del produttore Ernest Greene che sebbene non riesca a ripetere lo straordinario successo di Within And Without (2011) segna con Paracosm un prodotto almeno degno del predecessore forse un po' troppo brillante e luminoso a cospetto dell'aura sensuale e misteriosa che caratterizzava l'esordio. Discorso analogo per quanto concerne Loud City Song (7,5) di Julia Holter; non maestoso quanto Ekstasis (2012) ma certamente avvolgente nella sua accentuata veste teatrale (World e la meravigliosa Horns Surrounding Me) fatta di spinti arrangiamenti orchestrali (Maxim's I, In The Green Wild) ed ambiziosi registri formali (Hello Stranger). Se incominciamo a parlare solo ora del disco più atteso del mese è perchè Right Thoughts, Right Words, Right Action (6,5) quarta opera dei Franz Ferdinand apparentemente coinvolgente e brillante si spegne dopo pochi ascolti evidenziando come sia l'indubbio fascino del retaggio art-rock della band a catalizzare la nostra attenzione più che una ritrovata verve artistica che purtroppo langue. Senza togliere meriti a due singolo diversamente attraenti, Right Action e Love Illumination, ed un paio di spunti di qualità come Evil Eye e Bullet, sembra che la maledizione del quarto album abbia colpito ancora (The Strokes, Interpol, YYYs...). Agosto si era aperto con un altro ritorno da brividi segnato dalla rinnovata unione tra la mente geniale di Sasha Ring aka Apparat e l'altro progetto berlinese Modeselektor. Così, come l'esordio del 2009, nonostante alcune perle, non era risultata un'opera su cui magnificare, il sophomore II (7) ne segue la falsa riga. Bad Kingdom è senza dubbio la traccia più bella dell'album che in Version e Gita ha gli altri due fiori all'occhiello ma in ogni caso nessun pezzo "riempipista" a far eccitare il popolo della pista da ballo. Un disco più cogitato in cui per almeno metà dell'album sembra di assistere alla revisione "modeselektoriana" di un album di Apparat Band più che di una vera collaborazione. Parrà strano ma le righe che seguono sono dedicate alla nuova opera di un artista italiano. Torna infatti Mauro Remiddi col progetto Porcelain Raft: non eccelso in questo caso ma prodotto comunque tanto intrigante quanto raro nel nostro paese ancora fermo musicalemente agli anni '60 (con tutte le eccezioni del caso...). Rispetto a Strange Weekend del 2012, Permanent Signal (6,5) è caratterizzato da ritmi più marcati mantenendo inalterata l'atmosfera soffusa degli esordi. Da rimarcare la sintetica e melanconica Think of the Ocean (che ricorda Moby), il dolce richiamo di Night Birds e le battute dark di The Way Out. Se cercate un'esperienza catartica ai confini dell'onirico con Nepenthe (7) di Julianna Barwick vi attende un viaggio purificatore di 40 minuti. L'unione di pop ed ambient ha in questo caso un mero obiettivo estetico (ma anche estatico) direi pienamente raggiunto. Difficile trovare una traccia che prevarichi l'atmosfera omogenea di questo album. Se volete dare più ritmo alle vostre giornate allora avete due opppurtunità: concedere una chance al nuovo album dei No Age sebbene con il nuovo An Object (6) abbia raccolto alterne fortune mantenendo in ogni caso intatta la tipica essenza lo-fi o lanciarsi verso l'accattivante anche se non particolarmente innovativo esordio degli Outfit. Noi optiamo per il pop sintetico dei secondi. Con Performance (7) ecco l'esordio del quintetto di Liverpool che mai ha nascosto il debito nei confronti dei maestri Hot Chip, evidente in brani come I Want What's Best o House on Fire, ma che con pochi accorgimenti riesce a regalare uno tra i prodotti più refrigeranti di questo caldo agosto. Un doveroso salto nel passato ci porta a spendere qualche riga per l'album Skyer (7,5), opera degli scandinavi Postiljonen, uscito nella seconda metà di luglio. In questo caso l'influenza evidente degli M83 non sminuisce i meriti per un album che scorre senza sosta e senza cali dalla prima alla ultima traccia.


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