Con febbraio arrivano anche i primi scossoni decisi in ambito discografico dove ad emergere con più decisione ci sono l'atteso ed ormai quasi insperato ritorno di Kevin Shields ed i suoi My Bloody Valentine con m b v ed il recente e brillante lavoro di Autre Ne Veut che con Anxiety, chicca r&b, scalza da buon outsider dischi ben più attesi. Dietro sono comunque numerose le opere rimarchevoli ed è di loro che qui ci occupiamo partendo dal compatto lavoro dei già apprezzati Local Natives che con Hummingbird (voto 7), giunto a cavallo tra gennaio e febbraio, confermano quanto di buono già mostrato all'esordio con Gorilla Manor. Soffermarsi sui due singoli Heavy Feet e Breakers sarebbe banale perchè, anche grazie alla mano di Aaron Dessner (The National), il lavoro risulta davvero lineare e tracce come You & I, Ceiling e Black Baloons, allo stesso tempo melodiche e ritmate, forniscono al tutto una fisionomia ben chiara anche se non ancora il salto di qualità. Discorso praticamente analogo lo si potrebbe fare per Holy Fire (7,5) dei Foals nella quale emerge però una vena un po' più innovatrice seguendo, a detta del leader Yannis Philippakis, "l'idea di purificazione con un intensità che brucia...". Il prodotto è un disco meno ballabile, o meglio, diversamente ballabile, insomma, qualche beat in meno e qualche accenno sperimentale/psichedelico in più con una prima parte di album da stropicciarsi le orecchie dove risaltano soprattutto Inhaler, My Number, Bad Habit e Late Night ma che va successivamente spegnendosi un po'. Ad attrarre gran parte dell'attenzione però sono stati due gruppi dal grande impatto mediatico, anche se in maniera totalmente differente. Da una parte Nick Cave & The Bad Seeds in gran spolvero con Push The Sky Away (7,5) che, nonostante orfano di Mick Harvey, ci presenta un lavoro rinnovato ad accessibile fin dal primo ascolto e che non rifugge l'utilizzo di loop e sintetizzatori a rinnovare e calcare un album cupo e profondo in cui certo emergono We No Who U R e Jubilee Street, ad alternarsi con Water's Edge e Mermaids che meglio rispecchiano il retaggio della band. Altro discorso per Atom For Peace, il super-gruppo formato da Thom Yorke, Nigel Godrich, Flea, Joey Waronker e Mauro Refosco che appare invero un progetto del leader dei Radiohead con l'aggiunta di una serie di figuranti di lusso. Il risultato, AMOK (7) è comunque di grande interesse come può essere la sapiente elaborazione di sonorità ambient, kraut-rock, post dubstep, IDM, post-rock ad opera di Yorke in quello che parrebbe il successore di Kid A e The Eraser ed in cui un paio di tracce brillano più di altre, Ingenue e Dropped. Altro? Molto. Innanzitutto il ritorno dei Veronica Falls a poco più di un anno di distanza dall'album d'esordio. Stesso pop melodico e travolgente ma la tematica di Waiting for Something to Happen (7) risulta più luminosa. Ad eccezione della Buried Alive old-style l'album si muove tra dolci propositi (Teenage, Waiting For To Happen) e ritornelli incendiari (Broken Toy). Peccato cali alla distanza. E che dire del ritorno di Apparat? A Sasha Ring non manca di certo l'eclettismo e con Krieg Und Frieden (Music For Theatre) (7), rielaborazione della colonna sonora dell'omonimo spettacolo teatrale, ce ne da ulteriore conferma. Di The Devil's Walk resta A Violent Sky mentre pezzi come 44 e K&F Theme - Pizzicato fanno venire in mente Micheal Nyman, il chè è tutto dire. Dal giorno alla notte, per coloro che amano sentire il sangue ribollire nelle vene, imperdibile l'appuntamento con il punk dei giovani danesi Iceage, altro gruppo capace di confermarsi anche se probabilmente non con lo stesso esito dell'esordio. In You'Re Nothing (7) stesso registro con mezz'ora di grande energia incominciando dal singolo Ecstasy ma senza i picchi di un tempo. Esito diverso per il ritorno di altri scandinavi: gli Shout Out Loud, con Optica (6), ci regalano un prodotto anonimo che raggiunge la sufficienza per la spensieratezza delle sue melodie ed una Walking In Your Footsteps, tormentone quasi radiofonico. Chiudendo il cerchio scandinavo merita menzione il progetto finlandese K-X-P, passato un po' sottotraccia ma che con il secondo album II (7) torna a deliziarci. Nel trio Melody, Staring At The Moon e Magnetic tutto il repertorio tra Synth-Pop e sonorità disco anni '80 cadenzato da un beat molto diretto. E da qui alla scena elettronica il passo è breve con un Four Tet che ci fa gradita sorpresa regalandoci con 0181 (7) una raccolta di pezzi inediti dal 1999 in avanti; una sorta di biografia di Kieran Hebden in cui assaporare l'evoluzione di uno stile a noi caro. Debutti non roboanti ma apprezzabili per Doldrums e Guards, entrambi preceduti da promettenti EP. Il primo, amico e collaboratore di Grimes ci aveva ingolosito con un singolo notevole, Anomaly, ma in Lesser Devil (6,5) il suo gioco di campionature, melodie destrutturate e voci sovrapposte decolla a fasi alterne. I secondi, con In Guards We Trust (6,5), si cimentano in un pop che affonda le sue origini un po' in tutte le decadi regalandoci melodie gradevoli, anche se non proprio originali, ma anche piccole gioie con Ready To Go e Coming True. Come sempre immancabile qualche nota dolente. La delusione più forte giunge da Darkstar. Dov'è finito il trio autore del pregevole album North? Il progetto cambia etichetta, da Hyperdub a Warp e pure faccia trovando riscontri altalenanti con News From Nowhere (6-). Il dub della meravigliosa Aidy’s Girl Is A Computer è archiviato per far posto ad filone più sperimentale molto vicino agli Animal Collective e che ci lascia un po' indifferenti. Ancora più deludente l'album Jamie Lidell (5,5) dell'omonimo artista. What A Shame ci aveva illuso ma il suo tentativo di fondere R&B a sonorità dance risulta per la maggior parte del disco forzato e quasi anacronistico.
Local Natives - Heavy Feet
Foals - Inhaler
Nick Cave & Bad Seeds - We No Who U R
Atoms For Peace - Ingenue
K-X-P - Melody
Doldrums - Anomaly
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