venerdì 28 marzo 2014

REVIEW // Future Islands - Singles


Genere: Synth-Pop, New Wave
Etichetta: 4AD Records
Pubblicazione: 24 marzo 2014
Voto: 7


Dopo la relativa scarsa considerazione riservata agli album precedenti, i Future Islands sembrano esser riusciti con il neonato Singles a richiamare un'attenzione più adeguata ai loro reali valori. I pur rimarchevoli Wave Like Home (2008), In Evening Air (2010) e On the Water (2011) non avevano avuto particolare risonanza, ma la svolta sembra essersi consumata grazie al passaggio dalla Thrill Jockey alla più blasonata 4AD, con la produzione affidata al connazionale Chris Coady, nel recente passato già al lavoro con Yeah Yeah Yeahs, Beach House, Architecture in Helsinki. A completare la virata ecco l'avvento all'interno della non-più-di-primo-pelo synthpop band from Baltimora del batterista Denny Bowen che si aggiunge a Gerrit Welmers, William Cashion e soprattutto all'istrionico, carismatico, sostenuto da un'eccezionale indipendenza di gambe, Samuel T. Herring nella veste di vocalist ad incarnare alla perfezione il ruolo di frontman. La volontà di cambiamento, unita all'esercizio che aiuta la pratica, ha levigato un marchio strettamente legato agli anni '80, facendo risultare il quarto lavoro, se non il migliore, certamente il più maturo e completo, anche se allo stesso tempo meno ballabile e vivo rispetto agli antecedenti. Anticipato dalla melodia ergonomica di Seasons (Waiting on You), che Herring ha definito "la cosa migliore che abbiamo mai scritto", il disco è orecchiabile ma non sbarazzino, anche in virtù dei temi trattati come quello dell'amore fallito e della sofferenza viste e raccontate da chi la giovinezza se l'è lasciata alle spalle. I brani seppur intrisi di minor negatività rispetto al passato, con un raggio di luce che filtra come nel caso dell'electro pop di Sun in the Morning, scorrono con una formula ben delineata portata avanti senza soluzione di continuità il cui ascolto senza un'adeguata attenzione ai dettagli potrebbe far risultare l'opera un po' monotona. Imperniato sulle linee di basso e con i sintetizzatori in bella mostra, il contrasto tra la musica e la voce è più smussato rispetto ai trascorsi: colpisce in Light House quella roca di Herring che trasmette tutta la frustrazione somatizzata, oppure nella ballata di Fall from Grace in cui il cantante arriva a ringhiare rabbiosamente contro l'incedere inesorabile del tempo. La new wave industriale fa bello sfoggio in Like The Moon anche se il tono melodrammatico non tocca mai i livelli d'intensità di The Fountain. La forza propulsiva sprigionata e nello stesso tempo soffocata dalla cavalcata di Back in the Tall Grass ricorda ma non raggiunge quella di Long Flight, mentre la chiusura spetta al più giocoso e solare secondo estratto, A Dream of You and Me
by Sigu          






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