giovedì 31 luglio 2014

REVIEW // Alvvays - Alvvays


Genere: Indie-Rock, Surf-Rock
Etichetta: Polyvinyl/Transgressive
Pubblicazione: 21 luglio 2014
Voto: 7,5


Se dovessi scegliere un album di recente pubblicazione ad accompagnare un lungo viaggio verso ameni lidi marittimi dotato di ritornelli catchy, melodie incantate e, tra le sue note, un carico di serotonina pronta a spruzzare fuori dal lettore ad ogni traccia, certo ad oggi la scelta ricadrebbe sul debutto omonimo degli Alvvays (vi faccio lo spelling: a-l-v-v-a-y-s), giovane quintetto che a dispetto delle sonorità non è di casa né a San Diego né a San Francisco bensì nella diversamente ridente Toronto. Probabilmente gli ascolti reiterati hanno caricato di suggestioni l'intera opera ma dedicarsi ad Alvvays ora, al culmine del loro successo, seppur di nicchia e ben consci che la caducità può celarsi dietro al prossimo angolo, ti fa sentire parte della storia, di un racconto forse lungo una sola estate o forse semplicemente un viaggio di andata ed uno di ritorno, ma pur sempre di "viaggio" trattasi, fatto di immagini e paesaggi che accompagnano le nove tracce di questo solare debutto e che andranno inevitabilmente ad associarsi a cose-persone-fatti-e/più/in/generale-ricordi. Niente di più e niente di meno di quanto sperimentato negli ultimi anni con il primo album degli Yuck, o il primo dei Veronica Falls o più recentemente con il debutto dei Fear of Men, come se quest'innocenza non possa che trovarsi negli esordi, andando poi perdendosi col tempo quasi la professione di musicista full-time ne uccidesse la parte più spontanea, smaliziata ed innocente. A guidare l'arrembante quintetto l'incisiva voce di Molly Rankin, che simil-american-movie abbandona la nativa Nuova Scozia, un destino da cantante del coro della chiesa ed il proprio colore di capelli (ora biondi) per approdare in quella Toronto che non sarà Los Angeles o New York ma che, come nel caso di Molly, ti da l'opportunità di imbatterti in Chad Van Gaalen, noto artista canadese che fiutando doti non comuni riesce a convincere niente meno che John Agnello (Sonic Youth, Dinosaur Jr. o Kurt Vile) a produrne il tuo disco...
Il risultato è una ventata di indie-rock da spiaggia, o ancor meglio da windsurf, in cui fluiscono con brillantezza e naturalezza, senza risultare mai troppo leziose, tutte le tematiche legate alla coppia o alle relazioni più in generale, sia in forma intima sia più superficiale come nel caso dei due ottimi singoli, Adult Diversion e Archie, Marry Me. Il filone conduttore di un'opera in cui si intrecciano introspezione (One Who Love) e romanticismo (The Agency Group), ambizione (Dives) e ribellione (Party Police) rimane comunque la voce della Rankin lenta e talvolta strascicata quasi nell'atto di riflettere prima di enunciare il proprio punto di vista. Il nostro invece, almeno riguarso al suo debutto è ben chiaro fin dal secondo ascolto...









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