lunedì 11 agosto 2014

REVIEW // Luglio 2014


Con l'avvento dell'estate finalmente i ritmi si abbassano con una tendenza inversamente proporzionale alle temperature, anche se quest'anno tale legge sembra non far presa nello stivale... Noi comunque ne godiamo avendo la possibilità di ascoltare in maniera più goduta e rilassata le nuove uscite concedendosi un po' di diversione anche con le hit del recente passato messe forzatamente in disparte anzitempo. Quindi poche uscite e, possiamo dirlo, nessun capolavoro ma non per questo mancano interessanti motivi di spunto. Un esempio su tutti il nostro album del mese con l'opera di debutto omonima degli Alvvyas, carica di sole e di brio. Beh, nella nostra review ne parliamo più accuratamente...
Alcune papille, soprattutto se sud-europee, faranno fatica ad apprezzare totalmente il secondo album del binomio hip-hop sperimentale Shabazz Palaces ma Lese Majesty (7) contiene in sè tutti gli ingredienti per catturare l'attenzione anche dei più diffidenti. Ritmi disorientanti, drone-music e pezzi al limiti dell'astratto avvolgono quasi come una nube e stringono come uno dei pitoni spesso ostentati da Palaceer Lazaro. Tracce come la egocentrica Ishmael ed il singolo #CAKE renderanno ancor meglio l'idea... Il ritorno di Morrissey dopo cinque anni e con un recente passato caratterizzato dal record di tour consecutivi cancellati (dovrebbero essere tre) ha un sapore dolce/amaro e questa volta non è soltanto dovuto al carattere della lirica. In World Peace Is None Of Your Business (6) rivive lo spirito "moz" di un tempo senza la necessaria freschezza a dare un tocco contemporaneo all'opera, ma Morrissey è Morrissey ed una manciata di tracce vecchio stampo come Instanbul o la title-track salvano la baracca... Abbiamo dovuto attendere invece ben cinque anni per vedere Elly Jackson rivestire i panni di La Roux e consegnarci così l'atteso sophomore ed il primo impatto non è stato dei migliori. Ma Trouble in Paradise (7) il meglio lo nasconde tra le fila con un'opera estremamente intima e decisamente poco sintetica che, un po' controcorrente, guadagna sulla distanza riservando un finale in crescendo (la ritmata Tropical Chancer, la elaborata Silent Partner ed il singolo Let Me Down Gently le gemme), deludendo invece là dove le sonorità sembrano riaccarezzare i fasti dell'esordio... Neanche atteso e mai stato parte dei nostri amori giovanili il duo danese indie-rock The Raveonettes ci sorprende con l'ottimo Pe'ahi (7,5) album che raccoglie un anno di dolore, morte, dipendenza, furia e rassegnazione in tutte le sfumature immaginabili. Una carica eterogenea che non si spegne dopo l'inizio arrembante di Endless Sleeper e la fantastica Sisters ma che si fa solo più tenue e melodica con Killer in the Street poi più riflessiva con Wake Me Up e poi, e poi, e poi... Il secondo album dell'alternative rock band newyorkese Landlady forse non sfonderà tuttavia Upright Behavior (6,5) soprattutto grazie alla preziosa stravagante voce del leader Adam Schatz guadagna in fascino e consensi risultando una gustosa ventata di aria fresca. Non bisogna spingersi troppo al largo per comprenderne l'essenza con le prime tre tracce, Above My Ground, Dying Day e Girl a fornire sufficienti riferimenti.  Tra gli esordi più attesi dell'anno indubbiamente figurano i Jungle, band misteriosa di cui solo ora apprendiamo seppur vagamente la natura, duo, formata da tale T e J... Ma le aspettative talvolta giocano brutti scherzi e da presunto capolavoro per via dei singoli sexy affini al soul anni '70, come Heat o Time, di cui ci eravamo indubbiamente invaghiti, Jungle (6,5) si rivela un album alla fine piacevole, forse eccessivamente altalenante qualitativamente e piatto stilisticamente che ripropone troppo a lungo la stessa formula. Frankie Rose possiede il dono di metterci sempre di ottimo umore e fortunatamente non ci lascia mai troppo a lungo senza notizie ed ancor meglio, produzioni. Ora dopo il passaggio tra Vivian Girls, Dum Dum Girls e la produzione solista, ottima in entrambi i dischi, la ritroviamo nel progetto Beverly quasi casualmente coinvolta con Drew Citroen. Careers (6,5) dallo sviluppo eterogeneo ci regala il chiaro tocco di Rose (Honey Do) alternato a gocce di storia rock degli anni '90 (All The Things) il tutto avvolto da atmosfere tanto tetre (Yale's Life) quanto a dir poco arrembanti (Ambular) anche se non sempre di qualità sopraffina...
In un mese dedicato ai debutti registriamo anche quello degli Honeyblood con un album omonimo (6) effervescente, vivace e che senza dubbio possiede i suoi momenti topici (Killer Bangs, Bud) ma che in nessun istante da l'impressione di apportare qualcosa di nuovo a quanto già noto del genere. Un tocco personale e a tratti magico che invece pare invadere il debutto dei Glass Animals con Zaba (7) facilmente ad un primo incontro associabile a band come Wild Beasts o Alt-J  ma senza che l'ombra della copia possa mai insinuarsi realmente. L'opera ci regala un viaggio nel mondo fantasioso, bizzarro, onirico ed indefinibile carico di influenze e ricchissimo di dettagli: dalla hit Gooey alla ipnotica Black Mambo alla seducente Psylla ecco un universo tutto da esplorare...





(Giugno)    

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