giovedì 5 giugno 2014

PS14 // Report del Venerdì al Parc del Forum




Oggi Gabi e tutta la brava gente dell'organizzazione ce l'ha combinata davvero sporca piazzando due nomi fortemente attesi nelle primissime ore del pomeriggio. Ci fosse stata solo la bella Julia Holter ce ne saremmo fatti una ragione come la passata stagione con Pantha Du Prince and the Bell Laboratory puntando alla pennica lunga per tagliare il traguardo delle 6 del mattino, ma con l'ottimo Mas Ysa a portata di mano, pronto a dare cassa (con raffinatezza) già dal primo pomeriggio la tentazione ha infine prevalso. Eccoci quindi, spaccando il minuto delle 16.00, rilassare i nostri glutei nello splendido scenario dell'Auditori (Rockdelux) per godere dello spettacolo dell'artista losangelina che nel 2012 ci esaltò con Ekstasis e a distanza di solo un anno si conferma (o quasi) con Loud City Song. Teatrale lei, decisamente teatrale la location e anche lo spettacolo offerto avrebbe meritato il classico libretto, almeno per seguire i vaneggiamenti fuori onda di Julia comunque davvero impeccabile nella scelta dei brani e nell'esecuzioni. Si esce soddisfatti e, sole in faccia ci si burla delle previsioni meteo come al solito così pessimiste e disfattiste... Lo spostamento dei John Wizards all'Auditori un po' ci tenta ma alla fine il richiamo di Mas Ysa vince e tempo una sosta birra ci troviamo dinnanzi alla scoperta di Pitchfork che gli regala il debutto sul proprio palco. Bastano pochi istanti affinchè il producer decida di caricare Look Up (non presente nell'EP Worth) facendo illuminare il volto dei 50 presenti nonostante l'affacciarsi delle prime nubi. La voce tremula accompagna tutto il set e noi, presentatasi l'occasione, ci regaliamo un bel selfie con il paffutello statunitense nel retro dello stage. Il percorso che conduce dal Pitchfork all'Heineken stage, teatro del live di John Grant, è sufficientemente lungo per capire che la tragedia era imminente e forse, in prospettiva, il cantautore del Colorado era sacrificabile alla causa... Si rientra in Auditori giusto in tempo per evitare il bis dell'umidissima serata del mercoledì e qualche minuto prima dell'ottima, asciutta e rilassante esibizione di Mick Harvey performing Serge Gainsbourg, invero poco preparata ma non per questo di minor impatto. All'uscita, col sole a picco e un "arco iris" a tagliare in due il litorale catalano, insieme alle maledizioni dei nostri compari giungono anche le ottime recensioni dell'evento Grant, anche se poi è sufficiente un'occhiata alle loro fradice braghe per far implodere ogni rimpianto: next time...
Uno tra gli appuntamenti riempitivi si rivela invece essere di grande effetto con le sorelline HAIM che sparano cartucce inattese e ci regalano un live senza punti deboli, con una vena rock che non avremmo immaginato e tutte le hits dell'esordio Days Are Gone scaricate come se il mondo dovesse fermarsi a minuti, tanto che per un istante avevo quasi dimenticato il motivo per cui il venerdì era uno dei giorni cerchiati più volte in rosso sul calendario... Con tutto il grandissimo rispetto per le numerose star della giornata, l'unico evento davvero storico era rappresentato dal ritorno, a distanza di un ventennio, dello shoegaze trasognante ed eterno degli Slowdive. Tutto sembra essersi fermato ed il tempo pare aver riservato un sortilegio alla band di Reading che si ripresenta con lo stesso tocco ed il timbro della voce immutato. La venerazione è palpabile ed il concerto viaggia nel silenzio più rigoroso e rispettoso, come mai successo prima, annebbiato solo dalle lacrime (ok, faccio outing) che scorrono durante Machine Gun...





Senza la mitica Kim Deal, con l'immagine del concerto inattaccabile del 2010 e con un ultimo album dei Pixies, diciamo, ehm... discutibile, la scelta per il proseguio della serata ricade sui The War on Drugs di Adam Granduciel, con una passeggiata che mi regala per intero la coda del concerto di Sharon Van Etten che suppongo, vista l'ora, abbia chiuso con Every Time The Sun Comes Up. Ad attendermi un bella notizia con il concerto dei TWOD fermo ai box per problemi tecnici. La brutta notizia sarà che ai box ci rimarremo ancora una ventina di minuti, anche se, a ripagarci sarà uno tra i live più diretti e dalla miglior resa dell'intero programma. Tra le scelte fatte a priori non figura nella nostra lista il concerto dei The National nonostante un apprezzato ultimo album ma con nella mente il live del PS11 davvero non indimenticabile (e a quanto pare questo non ci è andato troppo distante). Si decide di girovagare tra The Growlers, Deafheaven e Slint in attesa di quello che potrebbe essere il live del festival così come la più fragorosa delle delusioni. Sapranno i Darkside autori dell'ottimo Psychic adattarsi allo stage Ray-Ban e regalarci un concerto dance psichedelico o finiranno per ammorbarci specchiandosi nella loro classe? Se dico che Nico (Jaar) e Dave (Harrington) mi hanno regalato il concerto più sorprendente del PS dovrei darvi un indizio... Bello alla vista, compassato ad ogni inizio brano per poi esplodere in coda ad ogni traccia per l'occasione rivista e corretta per esaltare i gusti anche dei palati più fini ed esigenti.





Ne usciamo risollevati nell'animo e pronti a cogliere tutto ciò che SBTRKT può offrire ai nostri sensi esaltati ed ancora ribollenti... Il producer britannico però, per una personalissima legge del contrappasso ci regala il live più penoso della storia del Primavera Sound (ed i miei incominciano ed essere abbastanza). Se è vero che i problemi tecnici certamente toglievano un po' di ritmo all'esibizione è ancor più vero che Aaron Jerome nulla faceva per svoltarne le sorti... Per lui si prospettano le porte dell'anonimato. Per fortuna il nostro carico di aspettative è già fremente in attesa dei trio dance psichedelico australiano Jagwar Ma a cui è bastato solo l'album d'esordio per meritarsi la vetrina del Ray-Ban versione 3.00 a.m... Tutto quello che era mancato l'ora precedente ci frana addosso ora con 60 minuti (scarsi) di energia ipnotica e vorticosa e diverse tracce da cantare a squarciagola (Come Save Me, The Throw) o ballare senza sosta (What Love, Four). Se avevamo ancora delle forze tagliato il traguardo delle 12 ore il trio di Sydney ce le estirpa e noi non facciamo davvero nulla per ostacolarli. A chiudere ci sarebbe l'apprezzato Pional al Pitchfork ma ci accontentiamo di una mezz'ora con il veterano Laurent Garnier che ci conferma con educati colpi di cassa che per oggi siamo davvero arrivati...




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