Genere: Ambient, Dub
Etichetta: Tri Angle Records
Pubblicazione: 26 agosto 2013
Voto:
8,5

"
Ho conosciuto molta gente che ha colto la sua occasione quando questa era ancora calda ed ha finito per bruciarsi". Con questa frase estratta da una delle rare interviste rilasciate, per giunta per una rivista locale della sua Liverpool, possiamo riassumere l'essenza schiva ed allo stesso tempo intrigante di
Matthew Barnes, giunto agli onori della cronaca con colpevole ritardo, dopo la riedizione del suo primo capolavoro,
Dagger Paths, eletto, tanto per sottolinearne la portata, miglior disco del 2010 dalla rivista FACT, non che le altre non le abbiano donato il giusto risalto... Certo, il fato ci ha messo il suo per rendere ancora più dannata l'immagine di colui che come
Burial perfettamente rappresenta la caratteristica bruma che invade le fredde mattine autunnali britanniche. E' infatti un a tratti insopportabile fastidio all'udito a spingerlo lontano dalla passione per la musica ed dall'atteso seguito dell'accoppiata
Dagger Paths/Fjree Feather, verso l'altra metà artistica di Barnes che lo vedeva appagato grafico pubblicitario. Ma se oggi torniamo a parlare di
Forest Swords è perchè alla fine il desiderio di perseguire l'obiettivo incompiuto e di rendere omaggio musicale alla sua terra, testimone del sangue versato nell'atroce battaglia tra Sassoni e gli invasori Normanni, ha prevalso su dolore ed insofferenza. Tre lunghi anni di assenza, conditi da lunghe pause dal lavoro, meditate sessioni nel cuore del Merseyside e nessuna pressione o scadenza hanno infine portato al migliore dei frutti con
Engravings, l'erede che tutti attendevano, figlio delle esperienza precedenti rivisitate e corrette lì dove appena sbavavano. E così il mito di Dagger Paths torna a rivivere coperto da quella patina algida e glaciale che alla luce del sole la rende ancora più luminosa. Tra l'ipnotico ed il mitologico ogni traccia sembra possedere vita propria ed una storia da raccontare tra rituali pagani, desolazione, echi, lamenti ed atmosfere avvolte da un alone che si addentra nell'onirico. Per nulla intimoriti ci facciamo rapire dal nuovo arrivato che subito ci risucchia tra i gorgheggi ed i riverberi infiniti di
Ljoss. Seguendone i lamenti primitivi senza indugio stiamo già marciando all'inno del dio del tuono con
Thor's Stone. Poi un tuffo nel passato con la chitarra fluttuante
tanto cara al primo Barnes ed il flauto ipnotico di
Irby Tremor. Saranno allucinazioni ipnagogiche quelle che successivamente vi faranno credere di essere svegli e lucidi mentre nessuna parte di voi riuscirà a muoversi ormai completamente succube di
Onward, la traccia più emozionante ed epica dell'Opera, quasi dichiarato manifesto. Le meraviglie del singolo
The Weight Of Gold sono ormai note ed in parte assorbite.
An Hour serve solo per prendere fiato in attesa che con
Anneka's Battle e
The Plumes l'epico diventi bucolico ed un canto prima celestiale e poi primitivo ci accompagni con mezzi non convenzionali attraverso gli sconfinati prati del Wirral, amata contea di Barnes. Nel mezzo i canti primordiali di
Gathering che svelano, come mai prima, la natura tecnologica del viaggio che con
Friend, You Will Never Learn, di solo piano melanconico, tamburi pressanti e canti al confronto estatici, diventa sofferto ed angosciante congedo. Impossibile resistere al richiamo di un altro giro...
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